di Luca Baroncini (pubblicato in data )
Per il suo quarto lungometraggio, la regista francese Katell Quillevere attinge alla storia della sua famiglia, ispirandosi alla vita dei suoi nonni, e costruisce un melodramma moderno a cui si cede volentieri. La storia, ambientata nel dopoguerra, è incentrata su Madeleine, una cameriera francese che ha un bimbo piccolo frutto della breve relazione con un soldato tedesco.
Un bimbo che dovrà imparare ad amare e che viene invece ben accolto dal nuovo compagno e futuro marito Francois, innamorato ma attirato sessualmente più dagli uomini che dalle donne. Tra i due si stabilisce una tacita intesa, non priva di conflittualità, che da legame di facciata si trasformerà in vero amore. In fondo entrambi hanno passato la vita a nascondersi agli occhi del mondo. Ho sempre una grande ammirazione per i film che riescono a raccontare, in un paio d’ore, lo scorrere incessante della vita.
Questo è uno di quei casi, con una materia narrativa resa incandescente da dinamiche forti e universali dove gli affetti devono fare i conti non solo con sentimenti e pulsioni, ma anche con il sentire, in questo caso puritano e giudicante, del periodo storico messo in scena. Un modo per parlare anche al presente e mostrare modelli di famiglia fuori dalle convenzioni. La luminosa Anaïs Demoustier è davvero brava nel dare vita a un personaggio complesso e poco empatico, Vincent Lacoste è quasi irriconoscibile e si mimetizza nell’introversione del suo Francois. Ah, preparate i fazzoletti.