di Luca Baroncini (pubblicato in data )
di Edoardo De Angelis con Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh, Silvia D’Amico, Arturo Muselli, Giuseppe Brunetti, Gianluca Di Gennaro, Johannes Wirix, Pietro Angelini, Mario Russo, Cecilia Bertozzi, Paolo Bonacelli
Grande sforzo produttivo per l’ultima fatica di Edoardo De Angelis (già a Venezia, ma mai in concorso, con PEREZ e INDIVISIBILI) che ha avuto il privilegio di aprire il Festival di Venezia dopo la rinuncia di Luca Guadagnino e del suo CHALLENGERS, a causa dello sciopero di attori e sceneggiatori che avrebbe determinato un’apertura priva di delegazione. Si tratta infatti di un film di guerra del genere sottomarino (ricordate U 571, ALLARME ROSSO, K 19?) che ha reso necessario un budget importante (14 milioni di euro) e la ricostruzione di un vero sottomarino, di altre importanti scenografie e con numerosi effetti digitali. Il film è tratto da una storia vera accaduta durante la seconda guerra mondiale. Pierfrancesco Favino interpreta con il consueto carisma Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina, che dopo avere affondato un mercantile belga nel mezzo dell’Atlantico, decide di seguire la legge del mare e di salvare i 26 naufraghi belgi destinati a morte certa. Il film di Edoardo De Angelis si presta con grande facilità a essere strumentalizzato da forze politiche in antagonismo, diventando veicolo di valori inneggianti a patria, famiglia e forze armate, ma anche accoglienza e umanità nei confronti di chi è in difficoltà. Perché Salvatore Todaro è un personaggio non a senso unico, complesso, con una sua etica comportamentale in grado di fargli infrangere le regole e di imporgli scelte difficili. Una figura apparentemente razionale, fredda e distaccata ma dalla grande empatia, capace di prevedere ciò che accadrà sondando un lato oscuro e misterioso che solo lui può vedere. Le intenzioni del regista e dello scrittore Sandro Veronesi, che insieme hanno sceneggiato l’opera e scritto un romanzo uscito prima del film, sono evidenti, il loro sostegno è a favore delle leggi del mare e del soccorso a chi è in difficoltà, e non è certo casuale che il film sia stato concepito in questo preciso momento storico, dove ogni buon senso soccombe in nome dell’ideologia, ma non è un film militante, predicatorio, consente allo spettatore di metterci del suo. Quella che racconta è la storia di un uomo del suo tempo, che è quello dei primi anni ’40, all’inizio della seconda guerra mondiale, con una descrizione accurata del cameratismo a cui la vita militare induce. Se all’inizio si fatica un po’ a prendere confidenza con i personaggi (la freddezza del dialetto veneto di sicuro non aiuta), gradualmente si entra nella dimensione militaresca di una vita votata al sacrificio. Una missione mai messa in discussione, se non dalle figure femminili che a inizio film vedendo i loro compagni destinati a morte certa immaginano preferiscano pescare perle in fondo al mare piuttosto che combattere e uccidere. Ma non è l’antimilitarismo il punto del film che si concentra su un episodio specifico e molto attuale di umanità in tempo di guerra. Quell’inneggiare all’italianità come crogiuolo meraviglioso e putrido ambisce a rendersi voce universale di un cedere a sentimenti umani (in conferenza stampa il regista ha dichiarato che avrebbe potuto essere anche un “siamo belgi” o di qualunque nazionalità), ma rischia facilmente di tramutarsi in slogan a senso unico. L’incedere conquista gradualmente, riesce a intrattenere e a fare affezionare ai personaggi inducendo alla riflessione. Viene da pensare che avrebbe potuto dire qualcosa in più contro la guerra, lo strazio che produce e le sue derive, ma sarebbe stato un altro film, con alla base un’altra storia.